Periferico continua a esplorare gli spazi insoliti della città e a rileggerli attraverso interventi artistici site-specific. Per la sua V edizione, il festival Periferico ha scelto uno spazio in disuso, il grande edificio comunale che ospitava le Poste in via dell’Abate, di fianco alla stazione dei treni.
È uno spazio misterioso che conserva fisicamente le tracce di un passaggio non troppo lontano, eppure già marcato fortemente da un lungo stato di abbandono.
Abbiamo immaginato le ex-Poste come un campo lasciato a maggese, come un grande spazio pubblico in attesa di essere nuovamente seminato: dopo un’anteprima presentata il 20 ottobre 2013, Amigdala ha invitato il pubblico a prendere parte a un percorso di avvicinamento e “riattivazione” dello spazio che culmina in Ex Post, due giorni di apertura il 24 e il 25 maggio.
“Quando se ne sono andati”
Visita guidata sonora allo spazio delle Ex Poste
Ex Post è stato costruito come un’azione performativa unica, creata simultaneamente da tutti coloro che hanno scelto di farne parte (dalle curatrici ai tecnici, dagli artisti al pubblico) ed è originata dalla domanda: cosa significa ri-abitare uno spazio pubblico?
Una domanda che abbiamo poi posto anche a: un’orchestra, dei portalettere, delle mamme, dei bambini, un illustratore, una compagnia teatrale, un’urbanista, un antropologo, un’economista, un gruppo di danzatori, un ingegnere, dei musicisti, un coro, un video-maker, una performer, uno psicoanalista, uno scrittore.
Il 24 e 25 maggio, le ex-Poste hanno riaperto per accogliere il pubblico che è stato dotato di una mappa dei tre piani dell’edificio: ogni spazio, ogni stanza, zona, ambito di questo luogo è stato rinominato “ex-post”, cioè a posteriori, mescolando i segni dell’uso di quel luogo ai nuovi significati e alle nuove interpretazioni che gli artisti avrebbero dato nei giorni del festival.
Ogni persona è stata libera di seguire il proprio percorso attraverso le installazioni, di assistere a una performance, di incontrare una danzatrice in una pausa di lavoro, creando così una personale drammaturgia della performance, in uno spazio nuovamente acceso dalla presenza di oltre cinquanta artisti che lavoreranno contemporaneamente.
In questa co-abitazione, l’edificio delle ex-Poste ci ha dettato i suoi limiti e le sue caratteristiche: poca o nulla energia elettrica, spazi luminosi e antri bui, il rumore dei treni di passaggio, molta polvere e numerose tracce della sua precedente funzione. Allo stesso modo, abbiamo voluto che i processi del lavoro artistico fossero nudi come lo spazio stesso, i meccanismi della messa in scena trasparenti, l’opera d’arte abitata dallo spettatore invece che pre-confezionata. Pubblico, artisti e tecnici hanno condiviso un’esperienza unica e irripetibile: un innesto di cura in uno spazio pubblico abbandonato.
Tutto questo ha portato con sé una certa dose di imprevisto.
Ci auguravamo che fosse fecondo.