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Patrizio Esposito (IT)
ESERCIZI DI ALLERTA
a cura di Isabella Bordoni (IT)

#incontropubblico
durata 2 ore

OvestLab
venerdì 11 ottobre, ore 21.30

Ingresso gratuito
Evento parzialmente accessibile a persone con mobilità ridotta
Presenza di bagni, non completamente accessibili a persone con mobilità ridotta.

Patrizio Esposito, 4 secondi. Cantiere Palazzo Degas, 2008-2011.

Esercizi di allerta è un dispositivo di incontro a cura di Isabella Bordoni, che dal 2023 costruisce uno spazio di lavoro condiviso con il pubblico, una pratica di riflessione che invita le persone a dare forma a punti di vista, connessioni, immaginazioni.

 

SCELUS

Luglio 1996, quaderno «Volterra», righe sullo svanire.

[…] Da una guida turistica: «68 km da Pisa, a 531 metri d’altezza, guardata dall’alto la Val di Cecina raggiunge il mare. Città di alabastri, paesaggio toscano con filari: cipressi, oliveti e vigneti, colline argillose, molti corsi d’acqua, sorgenti del fiume Cecina, terme di Petriolo, 12.879 abitanti». Nel cantiere del teatro Persio Flacco, una prima volta a giugno. Si apre una porticina ricavata da un tramezzo leggero, si scorge l’anticamera e una seconda soglia. Ecco il teatro ovoidale: uno schiaffo per gli occhi la sua nudità dormiente. Ora dipende da te se rimarrà tale, se rimarrà nudo o vorrà coprirsi. Dipenderà dal numero dei passi più che dalle intenzioni. Ti chiedi: quanti spessori ha il tessuto degli abiti, quali i limiti interni di opaco e trasparenza? quali conseguenze presume privarli alla notte?

A frenare le vesti penso sia un’indulgenza da ciechi, la carezza di chi guarda per non morire. Vedere per conoscere non è sufficiente, le vesti sono dentro il sapere. Il coprente sapere. Nude le origini, nude le destinazioni, non avverto paura eppure tremo, svanire è togliersi l’ombra (il rilievo non sa dove poggiarsi). Sono solo e mi sdraio al suolo, unico modo certo per avvertire l’ostilità o l’amicizia temporanea di pietre e legno. La polvere in bocca, sulle ciglia, il sapore amarognolo, tramato, della polvere. Gusto di cenere, qualcosa lì dentro è bruciato più volte.

Se vi saranno voci (quelle di una giovane donna e due anziani dell’entroterra vesuviano, come davvero sarà), urteranno il cantiere, le impalcature, il cavo dei palchi e il profilo delle scale. Il battere dei tamburi senza cembali, in dissonanza alle voci, verrà dagli scavi: colpirà alle spalle, mentre chi canta è avanti, in alto e sui lati, nascosto, faccia e bocca alle pareti. Il loro fiato circolerà nei vuoti perimetrali, nel curvarsi troverà la nuca di ognuno. Al buio. Una luce verrà dall’esterno, sul ciglio del teatro romano (parte dell’odeon greco), filtrata da un panno sottile, artificiale, quella dell’illuminazione pubblica (alterata da fogli d’alluminio e dal vento) e da un faro in cima all’albero più vicino, oltre il golfo mistico e quel che resta del palco.

 

Ottobre 2024, Modena. In continuità e divergenza.

[…] Uno spazio luminoso, pavimento in cemento, arredi, utensili, tutto così, come appare ogni giorno, tranne uno/due spostamenti, evidenti o meno. Uno spazio di lavoro dove si è ospiti per alcune ore, guardando alcune custodie in carta, calamitate, o accennando a vecchie storie, cronache finte o veritiere, per dire dell’ambiguità dei racconti e degli oggetti venuti da città lontane. Lingue altrettanto distanti, scoperte, senza riparo, la tana franata: come accade da mesi, come accade al paesaggio, di essere ridisegnato dall’esplosivo, di essere preso, insieme a chi vi abita, nuove cartografie, mappe adeguate ai crateri, agli edifici inginocchiati (su corpi, cibo e abitudini). La guerra chiede familiarità, chiede di farsi norma, normalità dell’uccisione e della conquista (l’oro mi appartiene, ho più armi e leggi di altri), al varo le moderne navi negriere, stavolta in lega metallica, le stive tirate a lucido, disposte ad accogliere i neri, i creoli, gli insorti.

È tempo di «gambe gracili», avverte Artaud dal 1925, tempo in cui «i denti fanno rumore di carta». Si può spingere la sua parola stando in gruppo, a «rovesciare le apparenze, a introdurre un dubbio sulla posizione delle immagini […]»? Intanto, insonni, affiliamo le mani: «La terra è come un vortice di labbra mortali. La vita scava davanti a noi l’abisso di tutte le carezze non date». [P.E., agosto 2024]

Patrizio Esposito, Napoli 1951. Ha insegnato disegno nella scuola pubblica, ha curato la comunicazione per i Festival internazionali di teatro di Santarcangelo e di Volterra, creato la veste grafica di case editrici indipendenti (Gamberetti editrice e l’alfabeto urbano) e realizzato manifesti per il cinema italiano in concorso a Venezia e Cannes. Ha promosso l’apertura degli Annual courses of Digital Photography a Beirut (con Stefano Chiarini) e della Biblioteca della fotografia di Bagdad (con Un ponte per), partecipa alle attività del Collettivo informale Sahara Occidentale per lo studio dell’archivio fotografico custodito nel Museo della resistenza sahrawi. Ha pubblicato Transiti (Sintesi 1991) e Cospira (Cronopio 2022).

Isabella Bordoni è autrice, artista, curatrice indipendente. È stata docente presso LABA (Rimini), NABA (Milano) e in percorsi formativi informali e democratici. Agisce da oltre tre decenni nei territori delle arti relazionali e performative dove parola, suono, ambiente, progettazione condivisa di spazi e loro forme d’uso, danno corpo a una poetica che ripensa e mette al mondo linguaggi e processi artistici. Nei primi anni 2000 ha introdotto i termini «cittadinanza poetica», «poetry.scapes», «archivio del presente» per indagare un corpus di pratiche di ascolto situato dedicate a città, luoghi, archivi, gruppi e singoli, nella tensione drammaturgica dell’autorappresentazione, ovvero per la messa al mondo di tracce biografiche e storiche, documenti, repertori fotografici, altri dalla narrazione egemonica. Condivide da anni i percorsi artistici e curatoriali di e con Terzo Paesaggio (Chiaravalle, Milano), Amigdala (Modena), viaindustriae (Foligno). Dal 2016 al 2022 ha guidato l’esperienza IMAGONIRMIA art residency & publishing, che dal 2023 è Imagonirmia Project Art, progetto a lungo termine di curatela attiva. Nel 2023 ha avviato con Terzo Paesaggio, la risignificazione di un ex frantoio oleario in un’area interna del riminese, in località San Savino nel comune di Montescudo-Monte Colombo, dove risiede da qualche anno. Il processo trasformativo ha portato alla nascita di Strada provinciale 31 | ex frantoio SP31 san savino | factory culturale il cui sviluppo è possibile grazie alla creazione di reti locali e extra-locali, al supporto della proprietà Fondazione Giovanni Maria Fabbri e al sostegno iniziale di Bper. Qui prende corpo la visione di un centro culturale in un’area di margine, di bellezza e fragilità paesaggistica, ispirato alla maieutica reciproca di Danilo Dolci e Alexander Langer.